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Buon Compleanno Air

14 anni fa prendeva vita un sogno: sono stati 14 anni di piccoli grandi passi, di lotte e speranze, di qualche sconfitta e di tante vittorie…
14 anni di incontri che ci han fatto crescere…
14 anni che han reso quel sogno più reale, più vivo e più forte che mai!

Buon compleanno Air auguri di cuore perché il tuo cammino prosegua ricco di nuove conquiste, di nuovi incontri e dell’entusiasmo di sempre!
Un abbraccio a tutta la famiglia air!

Abitativa “Cresco anch’io”

AUTONOMIA ABITATIVA

Costruiamola insieme!

Il progetto “Cresco Anch’io” è un percorso attraverso il quale ragazzi con sindrome di Down o altra disabilità intellettiva si preparano alla vita indipendente, sperimentandosi in periodi di vita fuori casa più o meno lunghi, in un appartamento dedicato e con la supervisione di un educatore.

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21 marzo

21 MARZO 2013: GIORNATA MONDIALE SINDROME DI DOWN

Insieme si può fare!… senza paura, senza vergogna, senza preconcetti, senza limiti, senza pregiudizi della mente e soprattutto del cuore.

Il 21 marzo: una data, un numero, un tempo per il cambiamento (non a caso corrisponde anche all’equinozio di primavera).

Il 21 marzo 2013 è la GIORNATA MONDIALE SULLA SINDROME DI DOWN, – quella che in medicina viene denominata come TRISOMIA 21 – che in tutta Italia verrà ricordata e promossa grazie alle numerose associazioni che da tempo si dedicano al sostegno delle famiglie, dei bambini e dei ragazzi affetti da disabilità intellettiva.

In occasione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down organizzata dal CoorDown dedicata al “ diritto al lavoro” l’associazione A.I.R. Down di Moncalieri (TO) ha organizzato, nel Centro Storico di Moncalieri e presso il “45° Nord Entertainment Center”, un evento, che si realizzerà nell’arco di 4 giorni (dal 21-al 24 marzo) e che coinvolgerà, tutti coloro che si troveranno a passare nel comune di Moncalieri.
Una festa volta a celebrare la vita e a stimolare un approccio corretto e rispettoso della disabilità in generale e della sindrome di Down in particolare, con semplicità e leggerezza.
A sottolineare l’inclusione lavorativa una mostra fotografica esplicativa di quella che è la vita dei ragazzi al lavoro, mentre alcune postazioni dislocate nel centro storico di Moncalieri e presso il 45° Nord offriranno prodotti artigianali confezionati dai ragazzi dell’associazione che si potranno avere a fronte di una semplice offerta.
Saranno 4 giorni intensi per questi ragazzi, perché grazie alla sensibilità e alla collaborazione dei commercianti della città, alcuni di loro presteranno aiuto in veste di cameriere, libraio, maschera… e altro ancora. Per dimostrare che “insieme si può fare”, che i sogni e i progetti se coltivati possono diventare realtà.

Inoltre, tutti coloro che condividono questo sentimento di integrazione, celebrando l’unicità di ciascun individuo, potranno dimostrarlo con un gesto concreto, facendo una donazione che possa contribuire sostanzialmente alla realizzazione del progetto: “ANCH’IO AL LAVORO” affinché i ragazzi affetti con Sindrome di Down possano avere il più possibile autonoma e indipendente.

Per un momento di confronto collettivo l’associazione A.I.R. Down giovedì 21 Marzo alle ore 18.30 presso il Teatro Matteotti di Moncalieri invita alla visone del film “SI PUO’ FARE” del registaGiulio Manfredonia con Claudio Bisio e Giuseppe Battiston.

Si può fare è un film del 2008 diretto da Giulio Manfredonia, scritto dal regista con Fabio Bonifacci, autore anche del soggetto, ispirato alle storie vere delle cooperative sociali nate negli anni ottanta per dare lavoro ai disabili. Il film è dedicato alle oltre 2.500 cooperative sociali esistenti in Italia e ai 30.000 soci diversamente abili che vi lavorano.

Saranno presenti in sala le autorità cittadine, i ragazzi dell’Associazione con le loro famiglie, il direttivo, i formatori e i volontari. un formatore della cooperativa Orso che ci illustrerà la legge 68/99 ma soprattutto quale la formazione necessaria per includere i nostri ragazzi nel mondo del lavoro.

Presenti anche gli imprenditori che hanno, nella loro azienda, inserito un ragazzo con sindrome di Down come testimonianza concreta della possibilità e fattibilità del progetto “Anch’io lavoro” promosso da A.I.R. Down.

La proiezione è APERTA AL PUBBLICO e L’INGRESSO E’ GRATUITO.

* Giulia Pertile è una ragazza con sindrome di Down, nata il 21 settembre 1982 a Padova, dove ora vive, con la sua famiglia. Ha frequentato la scuola dell’obbligo e successivamente si è diplomata presso l’istituto Ruzza-Selvatico.

Da alcuni anni lavora in una cooperativa che si occupa di restauro e rilegatura di libri.


IL PROGETTO: “ANCH’IO AL LAVORO”

Condurre una vita autonoma e indipendente significa innanzitutto avere l’opportunità di lavorare.

Se opportunamente formati, i giovani con sindrome di Down sanno svolgere in modo autonomo e con efficacia le mansioni che vengono loro assegnate, risultando lavoratori competenti e responsabili e contribuendo attivamente alle aziende che li assumono.

Da questa consapevolezza scaturisce il presente progetto che ha come obiettivo la preparazione di giovani con sindrome di Down a un effettivo inserimento lavorativo.

Si prevede una fase iniziale di individuazione di aziende e imprese sensibili all’impegno sociale, al cui interno verranno esaminate le mansioni da affidare al candidato che si riterrà più idoneo.

Successivamente, si precederà all’attivazione di un tirocinio formativo di almeno tre mesi, in cui il giovane lavoratore sarà affiancato da un tutor per il tempo che risulterà necessario.

Parallelamente sarà cura dell’Associazione sensibilizzare e informare correttamente i colleghi per attivare dinamiche relazionali serene e costruttive.

Tale iniziativa comporterà numerosi vantaggi, oltre che per i giovani con sindrome di Down, anche per le aziende che avranno l’opportunità di assumere giovani motivati a superare la propria disabilità con un’adeguata professionalità, di vivere esperienze umane significative e di avere un riconoscimento pubblico del proprio impegno sociale. Ne trarrà beneficio infine anche la società che potrà così ridurre le spese generalmente destinate all’assistenza, migliorare lo stile di vita di tutti i soggetti coinvolti e diffondere la cultura dell’impegno sociale.

Elenco delle attività commerciali aderenti all’iniziativa, che ospiteranno i ragazzi down per far svolgere loro un’attività lavorativa:

45°NORD – via Postiglione 1 Moncalieri
UCI Cinemas
Libreria Mondadori
Accessorize
45° strada
Befed

Centro Storico Moncalieri
Caffè Saturnio – piazza Vittorio Emanuele 10/C
Camomilla – via S.Martino, 7
Sisley – via S.Martino, 11
Libreria Arco Nuovo – via S.Martino, 18

“Se uno sogna da solo, è un sogno.

Se molti sognano insieme, è l’inizio di una nuova realtà”

(Friedensreich Hundertwasser)

Tutto sulla sindrome

[su_accordion] [su_spoiler title=”Sindrome” style=”fancy” open=”yes”] Indica un gruppo di caratteristiche che sono presenti insieme; viene infatti da una parola usata dagli antichi Greci, che è sun-dromos e che significa “correre insieme”, “con-correre”, e dunque “essere presenti insieme”. In campo medico sono state individuate numerose sindromi, alcune legate a fattori di tipo genetico, come nel caso della Sindrome di Down ed altre ad altri tipi di fattori.
[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Down” style=”fancy”] Il termine “Down”, nell’espressione “sindrome di Down” non significa “giù”, come molte persone pensano, ma viene dal nome del dottore che per primo riconobbe questa sindrome. Langdon Down era un medico inglese, vissuto nell’Ottocento, che per primo, nel 1866, riconobbe l’insieme dei tratti fisici e di comportamento presenti in alcune persone, e che presero in seguito il nome di sindrome di Down. Egli studiava infatti le anomalie dei bambini attraverso l’osservazione dei tratti somatici che corrispondevano alle varie razze: fu l’insieme delle caratteristiche del tipo mongolo a prendere il nome di “sindrome di Down”.
[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Handicap” style=”fancy”] La parola inglese “handicap” indica in origine una gara sportiva in cui i partecipanti, anziché partire tutti insieme, partono a distanze diverse, con uno svantaggio maggiore quanto più sono stati bravi nelle gare precedenti. L’handicap è appunto lo svantaggio iniziale. Provate a immaginare di dover fare una gara di corsa con qualcuno che sapete già che è più forte. Per dare a tutti e due uguale possibilità di vincere bisognerebbe dare al più forte uno svantaggio, cioè un handicap, per esempio mettendogli uno zaino sulle spalle. La parola handicap indica quindi la condizione di maggiore difficoltà iniziale in cui alcune persone si trovano, e può fare riferimento a difficoltà di tanti tipi, da quelle causate dalla sindrome di Down, all’impossibilità di usare le gambe per chi è costretto a muoversi sulla sedia a rotelle. Le persone con handicap hanno delle difficoltà in più in partenza, ma queste difficoltà possono essere da loro, almeno in parte, superate con l’aiuto delle persone che li circondano.
[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Come mai alcune persone nascono con la sindrome di Down?” style=”fancy”] La sindrome di Down è legata alla presenza di un cromosoma in più nelle cellule della persona che ne è portatrice: invece di 46 cromosomi, nel nucleo di ogni cellula ne sono presenti 47. La presenza del cromosoma in più determina alcune caratteristiche fisiche (come gli occhi a mandorla) e alcune difficoltà in più nella crescita e nella vita delle persone Down. I bambini Down infatti crescono e si sviluppano con un certo ritardo, ma secondo le stesse tappe dei bambini normali. Pur crescendo come gli altri e pur potendo arrivare a condurre una vita autonoma, le persone portatrici della Sindrome avranno sempre delle difficoltà in più, ad esempio nel linguaggio, o per il fatto che impiegano più tempo a capire le cose; inoltre, dal punto di vista medico, più frequentemente degli altri i bambini Down hanno problemi soprattutto per quanto riguarda il cuore, i muscoli, l’intestino, disturbi della vista e dell’udito, e così via.
[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Ma da dove viene questo cromosoma in più?” style=”fancy”] Ogni nostra cellula ha 23 coppie di cromosomi, dunque 46 cromosomi in tutto. Durante un processo che si chiama meiosi avviene, sia nel corpo della madre che in quello del padre, che le 23 coppie di una cellula si separano: di qui avranno origine due nuove cellule, ciascuna con non più 46, ma 23 cromosomi soltanto. Una di queste cellule con 23 cromosomi della madre andrà poi a unirsi con una cellula con 23 cromosomi del padre, per dare vita ad una nuova cellula con 23+23, vale a dire 46 cromosomi: la prima cellula del loro bambino. Ora, abbiamo detto che bambini Down nascono con 47 cromosomi in ogni cellula, anziché 46: vediamo come ciò può accadere. Durante la divisione delle 23 coppie di cromosomi (vi ricordate che Colla ci suggeriva di pensare a 23 coppie schierate per una gara di ballo?) succede che la coppia numero 21 del padre o la coppia numero 21 della madre non si divide: così la prima cellula del loro bambino non avrà 23+23, cioè 46 cromosomi, ma 23+24, cioè 47 cromosomi. Poiché questo accade nelle coppia numero 21 la sindrome di Down è anche chiamata Trisomia 21. La Sindrome di Down non è un caso unico: esistono altri tipi di sindromi legate alla presenza di un numero di cromosomi superiore o inferiore a 46 (ad esempio un cromosoma in più nella coppia 18 o nella coppia 23), o anche ad una particolare forma del cromosoma. La sindrome di Down è comunque una delle più frequenti.
[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Quali sono allora le cause della sindrome di Down?” style=”fancy”] Che cos’è che fa sì che la coppia numero 21 non si divida? Purtroppo oggi non siamo ancora in grado di dare una risposta. Si è pensato a diverse cause, come agenti chimici, radiazioni, infezioni virali, ma le ricerche che sono state fatte non hanno mai confermato queste ipotesi. La Sindrome di Down non è ereditaria, e se è vero che le probabilità di avere un figlio Down aumenta per le donne di età più avanzata, questo può succedere anche alle donne giovani. Quindi non sappiamo quali siano le cause all’origine della sindrome di Down.
[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Esistono delle cure?” style=”fancy”] Le cure generalmente si usano per le malattie. Nel caso della sindrome di Down non è però corretto parlare di malattia: come abbiamo visto la Sindrome è causata da un processo che avviene dentro la persona nel momento stesso in cui viene concepita, prima ancora che nasca. La Sindrome è quindi una caratteristica della persona stessa, che non può essere cambiata; sarebbe come pensare di cambiare il colore degli occhi. Non esistono quindi, almeno ad oggi, delle cure mediche per la sindrome di Down: un bambino che nasce Down rimarrà Down anche da grande, per tutta la sua vita. Può però essere fatto qualcosa per migliorare le condizioni di vita delle persone Down, aiutando le a rendersi sempre più autonome e ad avere una vita normale.
[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Un po’ di dati” style=”fancy”] Attualmente 1 bambino su 800 nasce Down, vale a dire che in Italia nascono 2 bambini Down al giorno, e si pensa che oggi in Italia vivano circa 40000 persone Down. Un tempo le persone Down vivevano in media molto meno delle persone normali, mentre oggi, grazie allo sviluppo della medicina e alle maggiori cure dedicate a queste persone, vivono in media più di 60 anni.
[/su_spoiler] [/su_accordion]

Testimonianze

I nostri ragazzi raccontano le loro esperienze di stage

[su_accordion] [su_spoiler title=”Simone Magliano: Brevetto Torino Nuoto” style=”fancy” open=”yes”]
Simone, tanto impegno! Ora vuole fare l’istruttore

Simone è un assistente bagnanti. L’anno scorso ha deciso di prendere il brevetto presso la Federazione Italiana Nuoto. Premetto che Simone nuota fin da bambino, non aveva ancora un anno quando ha messo piede alla Torino Nuoto e il nuoto è diventato la sua passione, il suo sfogo, con cui ha affrontato egregiamente tutte le prove che la vita non gli ha risparmiato. A settembre ha preso contatti con la Federazione e ha superato l’esame pratico di ammissione, richiesto a tutti i candidati, che consiste in tuffi, nuotate in superficie e in apnea, recupero o trasporto di un oggetto, buon galleggiamento in posizione verticale. Ha frequentato le lezioni teoriche, studiando con precisione ‘certosina’ e quelle pratiche, intensificando i suoi allenamenti in piscina e lavorando sui suoi ‘punti deboli’, consapevole del fatto che avrebbe dovuto metterci il doppio se non il triplo dell’impegno. Al termine del corso, della durata di circa tre mesi, ha affrontato l’esame teorico e pratico con successo ed ora è pronto per un nuovo obiettivo: affiancare come tirocinante i tecnici della piscina per mettere in pratica ciò che ha imparato e studiare per diventare un istruttore di nuoto.

Laura Pogliano (team Torino Nuoto)

[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Francesco Basile: Stage al M**Bun” style=”fancy”]
Immagina… puoi!

Immagina… Una mattina come tante, la sveglia che suona e un diciassettenne che si fionda giù dal letto perché “deve andare al lavoro”. In realtà non è un vero e proprio lavoro, è uno stage, di quelli che fanno gli studenti di terza superiore dell’Alberghiero “saltando” un mese di scuola sui banchi. Sono tutti entusiasti quei ragazzi, e anche Francesco lo è, come i suoi amici e compagni. Immagina…Bene, il nostro ragazzo si alza, si fa con cura la barba, si lava, fa un’abbondante colazione (durante il servizio non si mangia!), si veste ed esce, va a prendere il pullman per arrivare puntuale all’hamburgheria.

In genere è puntualissimo e attende con i colleghi, tutti giovani e gioviali, l’apertura del locale. Si entra, ci si mette in “divisa” e si parte! Francesco segue le indicazioni date e sistema le sedie, i tovaglioli, i menù, aiuta nell’allestimento del locale affinchè sia pronto per l’apertura al pubblico a mezzogiorno, quando partiranno le ordinazioni di hamburgher, patatine, polpettine, dolcetti e caffè, pusacaffè e così via… A quel punto, Francesco ritira i cicalini, allunga i vassoi ai clienti, augura loro un entusiastico “Buon Appetito!” e si posiziona nella zona caffetteria dove si dedica a caffè e cappuccini.

Immagina… Al termine del servizio si risistema “in borghese”, viene salutato e saluta calorosamente i colleghi e si avvia a ritornare prendendo il pullman; qualche fermata e poi a casa, a pranzare. Lo stage sta finendo, Francesco lo sa e sente un po’ di nostalgia al pensiero di lasciare lavoro e colleghi che tanto gli hanno insegnato sulla ristorazione, sulla sala-bar, sul rapporto con i clienti e sullo stare insieme; presto ritroverà i compagni di classe e poi… tra qualche giorno andrà alla festa aziendale insieme ai suoi “colleghi di lavoro”(!).

Francesco ha svolto lo stage con passione, entusiasmo, qualche difficoltà e tante soddisfazioni, come tanti ragazzi della sua età… Ah già, volevamo dirvi che Francesco è un ragazzo con la sindrome di Down. Immagina… puoi! diceva una pubblicità. E Francesco può immaginare e vivere le cose e i rapporti con le persone nel mondo, da grande, come tutti.

Grazie ai proprietari del “M**Bun” di Rivoli e a tutti i “colleghi” di Francesco per la disponibilità, l’accoglienza, i sorrisi (e gli abbracci). Grazie a Silvia G, Silvia C., Francesco e Cristina dell’AIR Down per aver trovato il luogo dello stage e per la fiducia riposta in Francesco. Grazie al Preside e ai docenti dell'”IIS N.Bobbio” di Carignano, in particolare i professori Alligri e Chiaberge, per la loro presenza. Grazie agli educatori del Cisa di Rivoli per il loro sostegno. A volte i ringraziamenti sembrano un atto dovuto; credete, non è così per noi: abbiamo proprio il bisogno di ringraziare tutte le persone che hanno costruito insieme questa esperienza di vita vera per Francesco e per noi suoi genitori, perché fa intuire un futuro “possibile” e dignitoso.

Ancora GRAZIE!

Cristina e Alberto

[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Fabio Cicchelli: Un’esperienza di stage al River Side” style=”fancy”]

Sono Fabio, un ragazzo di 21 anni. Durante il mese di luglio ho svolto uno stage al River Side, un centro sportivo di Torino. Il mio orario era dalle 8,00 del mattino fino alle 12,00. Quando arrivavo al centro sportivo dopo aver salutato Anna e Alessandro, i due baristi, e Sara, l’animatrice dell’Estate Ragazzi, andavo con Gaetano, il manutentore del centro sportivo, a pulire gli spogliatoi. Il mio incarico era quello di passare l’aspirapolvere e lavare i pavimenti e pulire sanitari e specchi. Poi facevo il giro del circolo per svuotare i cestini dell’immondizia. Nella area ristoro mi occupavo di: allineare i tavoli, pulire le sedie, passare lo straccio sui tavoli, aprire gli ombrelloni e mettere i portatovaglioli e il posacenere sui tavoli. Qualche volta ho aiutato Gaetano a mettere a posto le piante del circolo. Al River Side mi sono trovato bene, perché ho conosciuto delle persone che mi hanno permesso di far vedere quello che so fare e di imparare tante cose nuove!

Fabio Cicchelli

[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Andrea Appendino: Volontariato al Banco Alimentare” style=”fancy”]
Banco alimentare di Moncalieri: un’opportunità di volontariato

Nel mese di settembre ho fatto un servizio di volontariato al banco alimentare di Moncalieri. I primi due giorni un volontario dell’A.I.R. Down mi ha seguito nell’attività e presentato alle altre persone che lavorano al banco, che sono tutti volontari. Per andare al banco ho usato la mia bici quando il tempo era bello, invece ho preso il pullman quando pioveva. Il mio impegno è stato dal lunedì al giovedì dalle 9:00 alle 11:30. Al mattino arrivavo puntuale, in tempo per indossare la tuta e le scarpe antinfortunistiche. All’inizio ero un po’ preoccupato e agitato perché erano tutte cose nuove da fare, ma i miei colleghi mi spiegavano come farle. Mi hanno insegnato a dividere i prodotti nelle scatole, a controllare le date di scadenza, e a portare gli scatoloni negli scaffali usando il transpallet. Facevamo anche delle pause, loro mi offrivano il caffè, e poi chiacchieravamo tutti insieme. L’ultimo giorno di stage ho portato delle bibite e dei salatini per festeggiare insieme. Questo lavoro mi è piaciuto tanto e mi sono trovato bene con i miei colleghi, è stata una esperienza bellissima che sarà utile per il mio futuro e magari mi aiuterà a trovare un lavoro.

Andrea Appendino

[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Fabio Cicchelli: Volontariato in Libreria” style=”fancy”]
Un’esperienza di volontariato alla libreria “Il Cammello” di Nichelino

Io sto facendo volontariato nella libreria “Il cammello” di Nichelino con Giuseppe, Giulia e Gisella. In libreria mi occupo di libri usati; questi libri vengono regalati dalle persone che frequentano la libreria. Io li prendo, li catalogo inserendo i dati del computer, li posiziono sugli scaffali e li divido per genere, ad esempio narrativa italiana o narrativa straniera. Ho iniziato verso fine settembre e vado il lunedì e il giovedì, dalle ore 16.00 alle ore 19.30. Con Gisella devo pulire bene questi libri usando un panno umido e controllare che dentro il libro non sia rovinato perché se lo è non si può vendere.La libreria è grande e mi piace lavorarci: sento il profumo dei libri e con i colleghi mi trovo molto bene, per questo vorrei continuare.

Fabio Cicchelli

[/su_spoiler] [su_spoiler title=”Alberto D’Ambrosio: Stage da Eataly” style=”fancy”]
EATALY: un’opportunità concreta di lavoro

Nella speranza di trovare un lavoro, verso la fine di aprile ho cominciato un tirocinio da EATALY.

Arrivato sul posto di lavoro mi hanno presentato tante persone che lavorano li, mi hanno fatto vedere i reparti dove sarei andato a fare le pause pranzo, gli spogliatoi e poi mi hanno scattato una foto per il badge. Subito dopo mi hanno detto che avrei lavorato al bar con la mansione di addetto ai tavoli, che avrei pulito gli scaffali e messo le tazzine nella lavastoviglie. Prima di cominciare il tirocinio ero molto emozionato però adesso devo dire che mi sto trovando bene e che sto imparando un sacco di cose nuove. Agli inizi prima di fare le cose chiedevo sempre, ma è bastato osservare i miei colleghi per imparare a fare le cose con la maggior autonomia possibile e adesso posso dire che mi sono abituato. I miei colleghi si chiamano Stefania, Valentina, Germana, Gloria e con loro ci vado d’accordo. Spero di avere un lavoro fisso che mi permetta di avere uno stipendio per pensare di andare a vivere da solo e fare una vita più autonoma possibile, ma ovviamente devo ancora lavorarci.

Alberto D’Ambrosio

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